Come nella puntata precedente, anche in questa abbiamo un paio di 'ospiti': due persone affezionate a Pardes che partecipano con un messaggio preregistrato. E anche questa volta siamo al castello di Udine.
La disintegrazione del posto fisso è un fenomeno in atto ormai da anni.
Ma non ha a che fare solo con il lavoro. Ha a che fare anche con un cambiamento epocale in atto, con il nostro tempo e con la nostra necessità di formazione continua.
Se vogliamo resistere a questi stravolgimenti, forse non basta dare fiducia a noi stessi. Dobbiamo anche dare fiducia anche al futuro.
Il posto fisso riveste un suo fascino perché dà ancora un'illusione di stabilità e certezza. Ma nulla è mai certo.
Ci sono sempre più persone per le quali, nei luoghi di lavoro, conta la soddisfazione personale e addirittura la propria evoluzione. Cioè, conta che cosa "si diventa" all'interno di un ruolo professionale.
Al posto di lavoro stabile in un contesto, c'è chi preferisce costruire un proprio futuro pianificando e attuando una formazione parallela. A volte, plasmando addirittura una nuova professione che segue desideri personali.
Il primo ospite parla di due tipi di obsolescenza. La prima è quella del posto fisso, cioè il lavorare tutta la vita nello stesso posto oppure lo svolgere per tutta la vita la stessa attività. La seconda riguarda invece il concetto stesso di professionista. Quello del 21° secolo che deve avere come bagaglio inevitabile alcune competenze un tempo considerate optional.
Il secondo ospite invece ci racconta la visione di un futuro entusiasmante. Un futuro dove il lavoro è un luogo flessibile che ci permette di goderci il frutto condiviso dell'intelligenza artificiale, produrre sapere collaborativo, istruirci e impollinarci a vicenda, costruire nuovi lavori per nuove esigenze che - forse - ancora non vediamo.
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